Tutti ricordiamo la storia della Bella Addormentata nel Bosco dopo molti anni senza figli, re Stefano e sua moglie la regina Leah, vogliono festeggiare la nascita della loro prima e unica figlia, la dolce principessina Aurora. Il re e la regina proclamano una giornata di festa nazionale in cui tutti i sudditi possono andare al castello per omaggiare la bambina. Alla festa appare, però, a sorpresa, Malefica, una maga della magia nera potentissima che vuole vendicarsi per non essere stata invitata a questo grande evento.
Per questo maledice la principessina con una profezia:
“La principessa, invero, crescerà in grazia e bellezza, tutti quelli che la conoscono la ameranno! Ma, prima che il sole tramonti sul suo sedicesimo compleanno, ella si pungerà il dito con il fuso di un arcolaio e cadrà in un sonno simile alla morte!"
Re Stefano ordina che tutti gli arcolai del regno vengano bruciati.
Abbiamo appena trattato un ordine impartito dal sovrano a tutti i suoi sudditi, ma come possiamo definire il concetto di «ordine»?
La parola «ordine», tra i vari significati che assume, può indicare un comando, una decisione presa da un superiore, una disposizione impartita da qualcuno, la comunicazione di una norma che i sudditi o i cittadini devono seguire o, ancora, un insieme di indicazioni circa il modo in cui bisogna comportarsi.
L'ordine dunque, solitamente, è unidirezionale e viene dato dall'alto verso il basso (per esempio dal re verso i sudditi; dall’insegnante all’alunno) ma può anche avvenire tra pari.
Quello che possiamo chiederci però è se gli ordini impartiti dall'alto verso il basso possono essere considerati sempre «giusti».
Per esempio, quello di Re Stefano è un ordine giusto?
Per rispondere alla domanda dobbiamo capire qual è il fine perseguito dall'ordine dato da Re Stefano. Sicuramente non il bene del popolo piuttosto il bene della famiglia reale, e dunque di chi ha il potere.
Far bruciare tutti gli arcolai permette, infatti, alla famiglia di essere certa che non ci sia nessun fuso con cui Aurora possa pungersi. Dobbiamo, però, anche pensare alle ripercussioni dell'ordine sulla popolazione. L'assenza di arcolai impedisce, infatti, di dipanare le matasse di filo o di lana e di ridurle in gomitoli. Questo, dunque, sarà un problema per le donne che si occupano di tessere o di filare e, in generale, per la popolazione dato che impedisce di realizzare tessuti e vestiti.
A lungo andare, porterebbe a una potenziale crisi economica ed ad un problema di inflazione nel regno. La questione, dunque, da affrontare per capire se l'ordine è giusto o ingiusto è come comportarsi quando l'interesse pubblico, della collettività, e l'interesse privato, di chi ha il potere, divergono e quale dei due far prevalere.
Per rimanere sulla questione se è giusto rispettare gli ordini, anche nel caso in cui essi non possano essere considerati come «giusti» dalla maggior parte dei consociati, prenderemo come esempio un episodio molto importante della storia della filosofia: la morte di Socrate.
Socrate venne condannato a morte nel 399 a.C. ma spieghiamo come si arriva alla condanna. Innanzitutto vediamo qual è la denuncia, riportata nell'Apologia di Socrate platonica, mossa contro Socrate:
"Socrate è colpevole di non riconoscere come Dei quelli tradizionali della città, ma di introdurre Divinità nuove; ed è anche colpevole di corrompere i giovani. Pena: la morte" (Diogene Laerzio, Vita e dottrine dei filosofi, II, 5, 40.)
Questo quanto scritto nella lettera d'accusa contro Socrate, scritta da Meleto.
Socrate, dunque, venne considerato un pericoloso nemico politico che non accettava i valori tradizionali. L'accusa di «ateismo», soprattutto, fu un pretesto giuridico per un processo politico perché l'ateismo era tollerato se affermato in privato. Religione e cittadinanza, però, erano considerate unite quindi accusare qualcuno di ateismo voleva dire accusarlo di andare contro le istituzioni.
Inoltre, Socrate era stato maestro di Crizia e Alcibiade, che non godevano di buona fama nell'Atene democratica. Questo fu ciò che scatenò l'accusa di corrompere i giovani e nonostante Crizia e Alcibiade fossero morti, i democratici non potevano considerarsi al sicuro finché il maestro Socrate ancora influenzava i giovani e la collettività.
Affrontando le accuse ci rendiamo conto di come il processo potesse essere non tanto per difendere la città da Socrate e dalla sua attività, bensì difendere i democratici da potenziali nemici. Anche in questo caso, vi è un conflitto tra interesse di chi è al potere e l'interesse della collettività.
Come agire, dunque, in questi casi?
Indubbiamente, chi si trova al potere dovrebbe sapere ben distinguere interesse proprio e interesse della collettività per far prevalere il secondo.
Re Stefano, infatti, non può mettere in crisi tutto il regno per salvaguardare la propria famiglia: chi è al potere deve agire e prendere decisioni in modo da salvaguardare il benessere di tutti.
In caso contrario, il popolo, per avere condizioni di vita accettabili, perderà fiducia nel potere e si ribellerà ad esso e ciò che governerà saranno quindi disordine e violenza.